La giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne arriva sul finire di un altro anno purtroppo molto negativo. Ne parliamo con Barbara Minutella, avvocata esperto in diritto di famiglia, delle persone e dei minori.
Possiamo immaginare che, un giorno, la condizione delle donne sarà diversa da oggi?
“Non possiamo farlo. Il numero delle vittime è tale da imporci un'importante riflessione e azioni conseguenti. L'efferatezza e la crudeltà che connotano questi omicidi, dimostrano che dobbiamo adoperarci, tutte e tutti, per un profondo cambiamento della società. Occorre metabolizzare l'emancipazione della donna”.
Cosa manca, ancora, per arrestare il fenomeno della violenza contro le donne?
“Manca la reale e fattiva volontà di cambiare lo stato delle cose. Le dichiarazioni di intento devono mutare in azioni concrete. Se così fosse e/o fosse stato, oggi non registreremmo nè questo numero di vittime né i numeri relativi alle denunce dei cosiddetti reati "spia" o “sentinella". Evidentemente non è sufficiente prevedere pene più severe e misure più efficaci. È necessario lavorare costantemente sull'educazione sentimentale e affettiva delle persone. Impegno importante che dev’essere assolto, tra gli altri, dalla scuola di ogni grado laddove, soprattutto, si individui una mancanza della rete familiare”.
Parlare e riflettere è senz’altro utile, purché non avvenga solo una volta l’anno per merito di una ricorrenza. Quindi viene da chiedersi qual è il contributo che ciascuno, nel quotidiano, può offrire perché finalmente qualcosa cambi?
“Condivido, è necessario riflettere e confrontarsi per trovare delle soluzioni. Questo, tuttavia, non può avvenire unicamente il giorno fissato per la memoria; se vogliamo il cambiamento dobbiamo lavorare tutti i giorni che abbiamo da vivere per consentire, spero, alle ragazze e ai ragazzi di oggi di celebrare i risultati positivi e non piangere ancora vittime. Ciascuno di noi dovrebbe coltivare l'educazione al rispetto, ascoltare l'altro con partecipazione dimostrandosi accogliente e mai giudicante. Soprattutto nei confronti delle vittime di violenza, la cui condotta viene puntualmente scandagliata al fine di trovare una minima giustificazione all'azione del carnefice”.